Master, Psicologia Giuridica

La psicologia penitenziaria: tra sicurezza, salute e pericolosità

PSICOLOGIA PENITENZIARIA: NASCITA E DEFINIZIONE

La figura dello psicologo penitenziario nasce con la legge di riforma dell’ordinamento penitenziario del luglio 1975 n. 354: essa sancisce il passaggio da un modello meramente retribuzionista della pena a un modello rieducativo-trattamentale, avente come finalità la rieducazione e il reinserimento sociale del reo.

Secondo l’art. 80 di tale legge: “Per lo svolgimento delle attività d’osservazione e di trattamento, l’amministrazione penitenziaria può avvalersi di professionisti esperti in psicologia, servizio sociale, pedagogia, psichiatria e criminologia clinica.”

Con psicologia penitenziaria si intende quindi l’applicazione – ai detenuti, al personale e all’istituzione – della psicologia nella fase dell’esecuzione della pena negli istituti penitenziari e nella fase dell’esecuzione penale esterna.

PSICOLOGIA PENITENZIARIA: I DETENUTI

L’opera dello psicologo penitenziario si rivolge primariamente ai detenuti.

Data la complessità nell’intervento in ambito carcerario, l’esperto psicologo è chiamato a collaborare con un’equipe multidisciplinare (direttori, educatori, assistenti sociali, polizia penitenziaria, medici, psichiatri, operatori SerT, magistrati sorveglianza, insegnanti, volontari…), con l’obiettivo di osservare scientificamente la personalità del reo (valutazione della pericolosità sociale, possibilità di recidiva…) e di elaborare un programma di trattamento (intra- o extra-murario): si dovrà progettare un percorso individualizzato che favorisca la presa di coscienza e l’auto-responsabilizzazione del detenuto, tramite attività rieducative, lavorative, di istruzione scolastica e professionale, ricreative, culturali e di risocializzazione, ed eventualmente con misure alternative alla detenzione.

Fondamentale è il sostegno psicologico in ogni fase del processo giudiziario/detentivo: per tutelare la salute psichica dei detenuti e prevenire il disagio della carcerazione; per elaborare diagnosi e prognosi; per modificare, se necessario, il programma di trattamento; per fornire supporto psicoterapeutico – individuale, familiare e di gruppo; per prevenire le ricadute.

PSICOLOGIA PENITENZIARIA: PERSONALE E ISTITUZIONE

Lo psicologo penitenziario deve provvedere anche alla formazione, all’aggiornamento e alla supervisione del personale carcerario: in primo luogo, per far sì che gli operatori sappiano affrontare situazioni complesse in modo corretto, senza ricorrere a misure abusive o violente nei confronti dei detenuti;

in secondo luogo, affinché i funzionari si adoperino non solo per mantenere il “quieto vivere” penitenziario, ma anche per promuovere il benessere psico-fisico, la sicurezza e la reintegrazione sociale dei detenuti;

in terzo luogo, per prevenire fenomeni di burn-out (ovvero di perdita di interesse e motivazione, di esaurimento emotivo, di stress e di spersonalizzazione) tra i lavoratori a contatto con i detenuti. Rispetto all’istituzione totale, lo psicologo penitenziario ha il compito di contribuire a sviluppare una struttura organizzativa efficace e di stimolare la sperimentazione e la ricerca.

Il modulo G del master Cifric in Perizia e Psicologia Clinica affronterà nel dettaglio i temi qui accennati per capire qual è il ruolo dello psicologo nelle carceri italiane e come può utilizzare i propri strumenti per la tutela della salute dei detenuti, degli agenti e del personale che opera nelle strutture penitenziarie.

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